Ottobre-Novembre 2022 – Lorenzo e Luca sono stati in missione in Zambia
Non è difficile ricordare, anche a mesi di distanza dal nostro ritorno, quanto abbiamo vissuto nel corso del nostro viaggio di missione in Zambia. È facile, perché l’intensità di quelle sole due settimane non si può confondere con altre esperienze.
Partiti con la giusta dose di aspettative, inconsapevolezze e preoccupazioni, abbiamo velocemente preso a cuore il nostro incarico di visitare le tante strutture a cui Carità Senza Confini – nei suoi ormai venti anni di attività – ha devoluto finanziamenti, strumentazioni e materiali. Ad animarci, lo scopo di documentarne i passi avanti tramite foto, video e interviste. Supponiamo che ogni volontario abbia una propria via per accogliere e riconoscere ciò che l’Africa ha da offrirgli; bene, la nostra è stata quella di osservatori curiosi, talvolta – non sempre, non quando il mezzo diventa un ostacolo all’esperienza – dietro la macchina fotografica, o con in mano un microfono e un piccolo quaderno. Allo stesso modo, pensiamo che ogni volontario parta insieme alla volontà di aiutare; se inizialmente, senza un ruolo preciso, ci siamo trovati in difficoltà su questo punto, incontro dopo incontro è stato naturale per noi accorgersi di quanto quello che stavamo facendo poteva essere utile concretamente. Abbiamo scoperto che gli aiuti, quelli capaci di generare del bene nelle singole vite e nelle comunità, passano anche attraverso la comunicazione e la testimonianza. Solo se queste avvengono in maniera corretta e imparziale la relazione tra chi può aiutare e chi ne ha bisogno diventa veramente terreno fertile.
È una delle lezioni più importanti che portiamo indietro con noi da questo percorso, che dal nord del paese ci ha visti attraversare la regione dei giacimenti di rame e scendere verso l’affollata capitale. Nostre guide sono state prima le Suore Francescane Missionarie di Assisi a Luanshya e poi Michelle, che da ormai tre anni si occupa della gestione del panificio di Lusaka (insieme ai numerosi progetti che a questo fanno capo). Abbiamo conosciuto le difficoltà del fronteggiare giorno per giorno il groviglio di problemi che affligge i più poveri, gli indifesi, gli ammalati. Abbiamo riscontrato quanto complicato sia stare vicini a tutti coloro che ne hanno necessità. Abbiamo ascoltato da chi dedica la propria vita a migliorare la situazione quanto impegnativo sia lavorare al bene di queste comunità. Siamo entrati con cautela in centri nutrizionali, scuole, orfanotrofi e ospedali, spesso preoccupati di essere percepiti come degli intrusi o degli impostori.
Era un errore di prospettive, uno sbaglio da principianti e privilegiati: qui non siamo noi i protagonisti. Ad accoglierci sono state persone per le quali aiutare il prossimo è veramente pane quotidiano, capaci di prendersi cura dei loro fratelli con una naturalezza che a noi non abbiamo sentito appartenere, e di cui possiamo solo sperare di conservare un seme una volta tornati alla nostra vita. Di fronte a loro e alle tante – troppe – persone nel bisogno, abbiamo potuto riconoscere con i nostri occhi la portata degli aiuti che servono e che possiamo dare.
Due risposte su tutte hanno sintetizzato i pensieri di chi abbiamo intervistato. Sono arrivate in maniera spontanea da Sister Josephine – da sempre la principale figura di riferimento per la presenza di Carità Senza Confini in Zambia – e da Michelle. Entrambe, inconsapevoli del fatto che stavano riflettendo sui medesimi due punti, hanno sottolineato da una parte l’importanza della sostenibilità di ogni progetto che viene portato avanti, dall’altra la centralità di una comunicazione attiva e costante fra chi si trova sul territorio e chi, tramite l’associazione o dal suo interno, si occupa di portare gli aiuti più necessari. Chiarendo, hanno tutte e due spiegato come l’aiuto più utile è sempre quello che offre alle persone e alle strutture in loco gli strumenti per far fronte alle difficoltà senza dovere dipendere necessariamente da donazioni esterne e macchinari importati. Allo stesso modo, è sempre fondamentale che chi dona e chi riceve rimangano a stretto contatto, e che i primi sappiano costantemente dove e come i fondi vengono utilizzati.